Saluti del Segretario Generale (Ulisse) e del Comitato Centrale

(nuovo)Partito comunista italiano

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13 agosto 2020

 

Contributo del (n)PCI al Tavolo tematico FnRP “La solidarietà è un’arma” convocato per giovedì 13 agosto, Marina di Massa

 

Cari compagni, a nome del Comitato Centrale del (n)PCI ringrazio gli organizzatori che ci hanno dato modo di intervenire a questo tavolo incentrato sull’intervista che il compagno Maj ha rilasciato nel lontano 2006 e che do per scontato che conoscete. In questa intervista affermavamo che il Partito comunista era la prima cellula, il nucleo promotore di un potere antagonista al potere della borghesia, al momento di gran lunga meno potente del potere della borghesia, ma la cui ragione d’essere era crescere fino a soppiantare il potere della borghesia instaurando il socialismo. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti ed è giusto riproporci la questione del ruolo che deve svolgere il Partito comunista e della sua natura. Non è un caso che se la pongono molti di quelli che si chiedono cosa fare di fronte alla situazione in cui si trova l’umanità e con essa il nostro paese. È inoltre ovvio che la risposta che dobbiamo dare oggi deve tener conto anche degli insegnamenti dell’esperienza dei 14 anni trascorsi.

Noi siamo materialisti dialettici ed esortiamo tutti a esserlo. Essere materialisti dialettici implica analizzare come il mondo di sta trasformando e trarre lezioni sull’attività che dobbiamo svolgere per indirizzare la trasformazione verso l’instaurazione del socialismo. Tutto infatti conferma che abbiamo bisogno del socialismo. Abbiamo cioè bisogno di fare dell’attività economica un’attività pubblica: finirla con la proprietà privata delle aziende e con la libertà d’iniziativa dei capitalisti. Tutti i mali che affliggono l’umanità o derivano dal modo di produzione capitalista o per porvi fine bisogna superare il modo di produzione capitalista: occorre instaurare la gestione pubblica dell’attività economica, bisogna che il potere sia in mano alla classe che alla gestione pubblica è interessata e bisogna promuovere l’accesso della massa della popolazione alle attività necessarie per una gestione consapevole della vita sociale. In sintesi, occorre instaurare il socialismo. Le cure che prescindono dall’instaurazione del socialismo, non reggono a un esame critico e la realtà mostra che non funzionano. Il ruolo che deve svolgere il Partito comunista va definito rispetto a questo obiettivo. Chi non fa questa connessione, rispetto al ruolo e alla natura del Partito dice sciocchezze, idee campate in aria, pregiudizi che la borghesia e il clero hanno interesse ad alimentare e alimentano.

È questa la base su cui si fonda la concezione del ruolo e della natura del Partito che è esposta nell’intervista del 2006 e che abbiamo elaborato e articolato nella letteratura successiva del Partito, dal Manifesto Programma del 2008 fino all’ultimo numero della sua rivista La Voce.

Nessuno dei critici della nostra concezione del ruolo e della natura del Partito comunista indica una via diversa dalla nostra per arrivare all’instaurazione del socialismo. Molti se la prendono con l’uno o l’altro dei limiti emersi nel corso della nostra attività oramai lunga di anni. Alcuni dei limiti che hanno indicato li abbiamo superati, mentre altri li dobbiamo ancora superare. Il principale dei limiti che ci rinfacciano è la pochezza delle nostre forze che contrasta con l’urgenza dell’instaurazione del socialismo e con il grande malcontento per il corso delle cose imposto dalla borghesia, contrasta con il diffuso fermento che il malcontento, l’insofferenza e l’indignazione generano in migliaia e in milioni di individui della classi sfruttate e dei popoli oppressi.

Il contrasto tra la grandezza e l’urgenza del compito e le dimensioni delle nostre forze è reale, è evidente che non  l’abbiamo superato: la questione è come farci fronte. Per illustrare come noi vediamo il problema ricorro a una metafora.

Oggi l’umanità deve superare un aspetto insito nel cammino che ha compiuto nel corso della sua lunga storia. Deve porre fine alla divisione in classi sociali di oppressi e oppressori, di sfruttati e sfruttatori che ha caratterizzato ogni suo progresso ma che oggi è diventata una cappa soffocante. Si tratta di finirla con la vita fatta da sempre, di aprire la strada nuova che ancora nessuno ha percorso. Immaginatevi ora una pianura dove avanza un incendio e una gran massa di individui che in quella pianura a memoria d’uomo vive da sempre e che alcuni autorevoli personaggi cercano di convincere che in qualche modo si potrà continuare a viverci. Alcuni si sono impegnati nella scalata della montagna che sta a fianco, ma la scalata comporta le sue difficoltà. Sono arrivati a un certo punto nell’aprirsi la strada che porta alla cima della montagna, mentre la gran massa si agita ancora nella pianura irrequieta per l’incendio che avanza.

Da una parte il fermento della gran massa conferma che la scalata della montagna è il cammino che tutti devono percorrere. L’incendio che avanza e il successo di quelli che hanno iniziato la scalata convinceranno la gran massa a impegnarsi a sua volta nella salita.

Ma come rimediamo al fatto che avanziamo lentamente e che siamo ancora in pochi ad aprire la strada? Questo è l’altro lato del problema.

Il rimedio è che tutti quelli che si rendono conto che tutta la massa in fermento ha bisogno che apriamo la strada si uniscano a noi nello svolgere il ruolo di apripista, il ruolo d’avanguardia di cui il processo ha bisogno. Il rimedio non sta nell’abbandonare anche noi il lavoro che stiamo facendo.

Chi si limita a deplorare che siamo pochi, chi si limita a constatare che siamo pochi e si compiace che non è solo lui a non essersi impegnato nel ruolo d’avanguardia o ad aver disertato, chi conclude che siamo pochi e che non ce la faremo mai, ecc. ecc. ognuno di questi incarna il problema che le classi sfruttate e i popoli oppressi devono ancora risolvere. Non incarna la soluzione del problema.

La soluzione del problema è collaborare ad aprire la strada: con la propria intelligenza, con la propria energia, con il proprio coraggio, con tutta la generosità di cui uno è capace. Più siamo a lavorarci, più rapidamente avanziamo, più convincente è il nostro esempio.

Questo è il messaggio che il CC mi ha incaricato di portarvi confidando che alcuni di voi, i più generosi, coscienti e decisi ad aprire la strada, lo accoglieranno. Ringrazio ognuno dei presenti per l’attenzione.

 

Compagno Ulisse, segretario generale del Comitato Centrale del (n)PCI